Beat generation

"LET'S GO.  WHERE ARE WE GO MAN?  I DON'T KNOW, BUT WE GOTTA GO"

Questo è lo spirito di "On th road", lo spirito beat.
L 'espressione Beat fu coniata per la prima volta da Kerouac nel 1948 in un 'intervista durante la quale, parlando delle generazioni passate e non volendo attribuire nessuna definizione alla propria, Kerouac disse: "Ah, questa qui non è che una Beat generation". La conversazione venne poi pubblicata nel 1952 sul "New York Times Magazine" con il titolo "This is the Beat generation", che attirò l 'attenzione del pubblico. Fin dagli anni '40 il termine incominciò a riferirsi ad un gruppo di amici che lavoravano assieme a poesia, prosa e coscienza culturale e che alla fine degli anni '50 fu riconosciuto come il movimento letterario della Beat generation, raggiungendo una straordinaria popolarità.

Jack Kerouac, Allen Ginsberg, William S. Burroughs, Neal Cassady, Gregory Corso, a cui, verso la metà degli anni '50, si aggiunsero alcuni scrittori di San Francisco, come Michael McClure, Gary Snyder, Philip Whalen e, da New York, Lawrence Ferlinghetti, che incominciò a pubblicare le opere di questa avanguardia letteraria nelle collane della City Lights (una casa editrice-libreria fondata da lui stesso). Tutti giovani tra i 18 e i 30 anni che attraversavano l'America con mezzi di fortuna, si incontravano in una città per darsi appuntamento in un'altra, vivevano di pochi spiccioli e ideali visionari. Tutti Americani in un'America alle prese con la Guerra Fredda, con la lotta al comunismo e la repressione: un mondo senza speranze e senza futuro. La società in cui erano costretti a vivere era percorsa da mille contraddizioni: minacciata costantemente dal rischio di un conflitto nucleare, trainata da una parte dal consumismo sfrenato e dall'altra da modelli di vita conformistici, corrosa dall'interno dalla inchieste politico-militari contro il comunismo. Il senso di disagio e d'angoscia stringeva le coscienze di quei giovani a tal punto che in molti rifiutarono in blocco la società moderna, estraniandosi da tutto e chiudendosi in un mondo esclusivo, con un atteggiamento che non mirava ad abbattere le istituzioni ma semplicemente a negare la falsità della comunità ed evadere gli schemi sociali. Dietro i loro atteggiamenti provocatori, non c'era la volontà ideologica di cambiare il sociale, ma solo il distacco.

La loro arma era l'assenza, una particolare categoria dello spirito, in cui coesisteva la fuga, il viaggio e il nomadismo.
Lo zen, atteggiamento religioso e intellettuale a cui si ispiravano, li spingeva ad accogliere la vita nel suo fluire libero, rifiutando la socialità conformata per una socialità spontanea e libera.
I beatnik, come essi amavano definirsi, basavano la loro esistenza su una morale naturale non regolate da leggi e su un'assoluta onestà e franchezza; erano pacifisti, non avevano alcun interesse per il denaro, facevano uso di droghe e amavano la musica jazz. Si ispiravano agli artisti bohemienne, come Blake, Rimbaud o Baudelaire, per il loro modo di fuggire il reale; ma anche a W.C.Williams e Ezra Pound per la loro concretezza e l'idea secondo cui la poesia si deve fondare sulla musica. Da W.Whitman hanno preso il free verse, il verso libero (lungo e irregolare), ma anche il ritmo, la ricerca continua di sé, il misticismo, la vivezza della lingua con i suoi gergalismi e i termini onomatopeici. Leggevano E.A. Poe, W. Faulkner ed E. Hemingway per la loro crudezza e la loro immediatezza; D.H. Lawrence per la sua franchezza riguardo al sesso e Aldous Huxley perché era l'autore esperto di droghe. Mescalina, funghi sacri, acido lisergico (LSD), hashish e marijuana erano esperienze a cui i Beat non si tiravano indietro per espandere la loro esperienza del reale;
La strada, il sacco a pelo, lo zaino in spalla e sempre un taccuino su cui scrivere, erano i veri simboli di questi ragazzi. Simboli di un modello di vita nato dall'esigenza del rifiuto del reale perché troppo limitato, troppo sofferente e insopportabilmente insoddisfacente.